È storia recente l’entrata in vigore del General Data Protection Regulation, meglio conosciuto come GDPR. Dal 25 maggio agli utenti del web saranno arrivate centinaia di mail con la richiesta della presa visione e dell’accettazione del nuovo regolamento attuativo sul diritto all’oblio: la nuova regolamentazione permette di stabilire portata e limiti di questo diritto mettendo nero su bianco tutto ciò che riguarda la normativa sulla privacy per eliminare ogni possibile dubbio e diminuire le controversie.
Ma cosa è e come funziona il diritto all’oblio? Per capire la nuova regolamentazione del GDPR è fondamentale fare un passo indietro e comprendere, in ambito giuridico, che cosa è il diritto all’oblio. La definizione arriva dalla Corte di Cassazione: “il giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”. Grazie a questo diritto, dunque, in parole semplici tutti possono chiedere che non vengano divulgate notizie lesive della propria reputazione, dopo che dai fatti è trascorso un determinato lasso di tempo e che tali episodi non sono stati richiamati alla cronaca.
L’introduzione del GDPR permette che il diritto all’oblio, concepito per proteggere reputazione e privacy delle persone, abbia modalità ben definite: in primis, il diritto di cronaca e di informazione deve sempre prevalere sul diritto all’oblio. Tra le altre norme, contenute in tre articoli del nuovo regolamento, va citata la possibilità di richiedere la cancellazione dei dati e delle informazioni presenti online quando queste non sono più necessarie o quando l’interessato revoca l’autorizzazione.
Oltre al diritto di cronaca, il diritto all’oblio non viene applicato neanche nei casi in cui ci sia un obbligo legale da adempiere o motivi di ricerca scientifica, storica o legata al mondo della sanità.